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A Venezia furono ascritti fra i "cittadini originari" e vissero per
secoli nell'Ordine dei Segretari ducali della Repubblica dal quale si eleggeva
il Cancelliere Grande: nel 1559 ebbero il primo Cancelliere Grande e nel 1646
ottennero il patriziato veneto.
Aldobrandino, membro del Consiglio
degli Anziani della Repubblica di Firenze e uomo politico onorato
per la sua integerrimità e per i meriti acquisiti
nella guerra contro Pisa, nel 1258 ebbe solenni funerali pubblici e fu
tumulato nella Chiesa di S. Reparata in Firenze
in un sepolcro "elevato più che niuno altro" (Villani). Una strada a
Pietrasanta (LU) lo ricorda per aver salvato dalla distruzione il Castello di Motrone.
Bonaccio di Ottobono fu
eletto Gonfaloniere della Signoria di Firenze nel 1294.Subito
dopo la famiglia,a seguito delle lotte fra Guelfi e Ghibellini, lasciò Firenze
(ved. "Memorie dell'antica e nobile famiglia fiorentina degli Ottoboni raccolte nel 1731", in Arch. Ottoboni).
Antonio,
capitano navale al servizio della Repubblica veneta, nel 1470 con la sua galera
penetrò da solo in mezzo all'armata nemica nel porto di
Negroponte (dove alcuni Ottoboni risiedevano)
assediato dai turchi e vi portò soccorso.
Stefano, suo figlio, servì la Repubblica veneta in qualità di capitano di nave; nel 1499 con la sua nave "Pandorra" fece gravi danni all'armata di Bajazet II e, presa a Capo Zonchio nella Morea una nave turca, accesosi improvvisamente un incendio, vi restò incenerito: lasciò nove figli, che furono adottati dalla Repubblica.
Ettore (n. 1472) di Stefano fu
chiamato nel 1499 all'Ufficio del Sal, svolse
gli incarichi di decano(1504) e poi guardian
grande di S. Marco, gastaldo dei Procuratori "de ultra" (1518),
patron di nave e ammiraglio nel 1522. Fece erigere
nel 1512 nella Chiesa di S. Antonio di Castello in Venezia un
altare con la pala dei "Diecimila
Martiri" dipinta nel 1515 da Vittore
Carpaccio,con adiacente sepolcro marmoreo concesso nel
Leonardo di Giacomo
(fratello di Gianfrancesco), dottissimo in
filosofia, teologia e lingue orientali,
ambasciatore veneto in Germania, Spagna e
Portogallo, segretario di Pregadi nel
1570, fu inviato al Concilio di Trento occupando la carica di segretario del
Consiglio dei Dieci (1588) e nel 1610 fu innalzato all'onore di Cancelliere
Grande.
Per aver avuto da molti anni uomini celebri e lodati, per i servizi resi da Pietro, Gio Francesco ed Ettore con valore e fedeltà alla Repubblica e come Ambasciatori alla Corte Imperiale,l'Imperatore Rodolfo 2° concesse, con Diploma del 29.4.1558, l'uso in perpetuo alla famiglia dell'arma imperiale, che tuttora figura nello stemma Ottoboni di Fiano , con il cimiero dell'aquila bicipite.
Marco di Marcantonio di Ettore (n. 1554), terzo Cancelliere
Grande nel 1639, fu ascritto con i discendenti al patriziato
veneto il 24 agosto 1646: nel decreto relativo
Pietro Vito
(1610-1691), figlio di Marco e di Vittoria Tornielli, dopo gli studi giuridici
e canonici a Padova iniziò la sua carriera di prelato romano ricoprendo
varie cariche: fu referendario di Segnatura, Governatore di Terni, Rieti e
Spoleto, nel 1643 fu nominato uditore della Sacra Rota e nel 1652 ottenne
la porpora cardinalizia; fu poi nominato Vescovo di Brescia (1654),di
Sabina (1681),di Frascati (1683) e di Porto e S. Rufina
(1687) e dimostrò grandi capacità anche come Datario e come segretario della
Congregazione del S. Offizio. Già nel 1667 era
annoverato fra i papabili e il 6 ottobre 1689 fu eletto all'unanimità Papa
assumendo il nome di Alessandro VIII (per la sua biografia ved. le numerose
opere esistenti). Nel suo testamento del 6 marzo 1690 Alessandro VIII riconobbe
come suoi unici eredi di sangue i nipoti Antonio, Pietro e Marco: solo
quest'ultimo ebbe discendenza (ved. appresso) e quindi altre famiglie che oggi
portano il cognome Ottoboni (oltre
Stemma papale |
Antonio di Agostino fratello del Papa fu nominato dalla Repubblica veneta Procuratore soprannumerario di S. Marco e Cavaliere della Stola d'Oro con trasmissibilità in perpetuo ai suoi discendenti primogeniti (1689): era stato Castellano di Bergamo nel 1674, Podestà di Feltre e di Crema(1682) e fu nominato dal Papa suo Zio Generale di S.R.C., Principe e Assistente al Soglio Pontificio; fu uomo di amena letteratura e lasciò molti componimenti lirici e drammatici. Il titolo di principe fu poi confermato dai Papi succedutisi e riconosciuto (m.f.) con RR.LL.PP. del 1923.
Pietro (1667-1740), figlio di Antonio, fu nominato Cardinale il 7 novembre 1689 col titolo di S. Lorenzo in Damaso e fu inoltre nominato Governatore di Fermo, Segretario dei memoriali, Soprintendente Generale dello Stato Ecclesiastico, Legato ad Avignone, Gran Priore di Ibernia, Segretario del S. Offizio,vice Cancelliere di S.R.C.,Protettore della Corona di Francia (1709). Fu letterato e gran cultore e mecenate delle arti e nel palazzo Fiano al Corso istituì, su disegno dell'arch. Iuvara, un teatro rimasto celebre anche successivamente: sotto i suoi auspici sorse l'Arcadia, cui per primo si iscrisse Alessandro VIII.
Marco di Agostino (1656-1725), nominato cavaliere del
senato veneto con i discendenti, sposò Isabella Tarquinia Colonna e in seconde
nozze Giulia Boncompagni Ludovisi; il Papa suo zio lo
provvide di una ricchissima biblioteca, composta di oltre 20.000 volumi a penna
e stampa, e lo nominò Generale delle Galere e della Marina Pontificia e
Castellano di Castel S.Angelo.
Con atto del 18.4.1690, previo chirografo di Alessandro VIII e suo fedecommesso
del 6.3.1690, Marco acquistò dai Ludovisi il Ducato
di Fiano;
l'inventario dei beni ricadenti nella "primogenitura" fu registrato
nell'Archivio Urbano il 30.12.1718.Il 21.10.1690 acquistò, sempre dai Ludovisi, il palazzo Fiano al
Corso e il 4.3.1723 ottenne la concessione in perpetuo della Cappella
gentilizia nella vicina Chiesa di S.Lorenzo in
Lucina, detta cappella di San Giuseppe (inspiegabilmente distrutta nel 1940 per
farne il sepolcro del Card. Carlo Cremonesi + 1943).
Morto il 15 aprile
1725
Antonio Ottoboni |
Da Pier Gregorio
nacquero Alessandro, Antonio, Pietro che fu monaco benedettino e Marco
(1741-1818) che sposò nel 1795 Giustiniana
Sambiase Sanseverino
(1777-1833) di Vincenzo Grande di Spagna di 1° classe, 7° principessa
di Campana, 10° duchessa di Crosia e 7°
contessa di Bocchigliero dal
1830 con trasmissibilità ai discendenti Ottoboni (per
successione napoletana). In ossequio al motuproprio del
6 luglio 1816 fece rinuncia alla giurisdizione
feudale su Fiano il 22.12.1817 conservando la
ereditarietà in infinitum del titolo onorifico del
feudo. Fu capitano nelle milizie austriache, Balì
gran croce di giustizia professo costantiniano e poi commendatore
di S. Pietro e Paolo in Sicilia (2.1.1787), Vicecastellano di Castel
S.Angelo (1789), Cameriere di spada e cappa di Pio VI, colonnello comandante del reggimento pontificio dei
Verdi e ispettore generale della Compagnia delle Corazze pontificie
(1795); nel 1795 Pio VI lo nominò
generale delle milizie pontificie e Pio VII suo Cameriere segreto di spada e
cappa (1800); nel 1809 fu nominato da Napoleone componente del senato a
Roma. Suo fratello Antonio (1736-1803) fu canonico di S. Pietro e Gran
Priore d'Ibernia dell'Ordine di Malta.
Marco ebbe tre figli: Luisa nata nel 1799 , Giovanna nata nel 1802 e maritata nel 1822 al marchese Gerolamo Serlupi Crescenzi Mellini Cavallerizzo Maggiore di S.S. Pio IX e Balì gran croce di giustizia costantiniano, Alessandro nato nel 1805, alfiere nelle milizie pontificie, Cameriere segreto di spada e cappa di Pio VII (1821), ciambellano dell'Imperatore d'Austria (1830); sposò nel 1831 Costanza Boncompagni Ludovisi.
Marco figlio del
predetto Alessandro, nacque nel 1832 e sposò nel 1857 Giulia
Boncompagni Ludovisi (1839-1897): fu Senatore del
Regno, Consultore della Consulta Araldica e Presidente della Giunta Permanente
della medesima, cavaliere d'onore e devozione
dell'Ordine di Malta (1855);
Alla
morte di Marco (29.3.1909) lo storico archivio di famiglia fu depositato il 28.2.1910
presso il Vaticano (ora all'archivio storico del Vicariato di Roma) e
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In conformità all'istituto della "surrogazione romana" e alle norme successorie previste nel fedecommesso familiare istituito direttamente da Papa Alessandro VIII° Ottoboni con suo Breve del 6.3.1690 e che come tale non necessita di conferma nell’applicazione dei diversi passaggi familiari, come confermato il 9.10.2002 da Mons. Karel Kasteel Decano della Camera Apostolica, (in carenza di figli maschi,succedono per volontà papale i discendenti per linea femminile purchè nati da matrimonio religioso e assumano nome e arma Ottoboni), il marchese Don Domenico Serlupi Crescenzi patrizio romano prosegue ora, quale attuale titolare di diritto della " primogenitura familiare perpetua Ottoboni",con il connesso titolo di Duca di Fiano, il casato e le tradizioni storico - araldiche degli Ottoboni essendo stato autorizzato con Decreto del Presidente della Repubblica del 22 novembre 1977 ad assumere, aggiungendolo al proprio, il cognome Ottoboni per la sua diretta discendenza dalla principessa Giovanna Ottoboni dei duchi di Fiano moglie di Girolamo Serlupi Crescenzi.Nello stesso spirito S.M. Umberto 2° nel gennaio 1980 concesse il proprio Assenso, previo parere favorevole della Commissione araldico-genealogica romana del C.N.I., all'ampliamento dello stemma Serlupi Crescenzi con quello Ottoboni. |
Arma troncato: sopra d'oro all'aquila di nero bicipite coronata del campo sulle due teste; sotto: trinciato d'azzurro e di verde alla banda d'argento; con l'ornamento della Basilica Papale e il cimiero dell'aquila bicipite. |
1°) è
riconosciuta l’esistenza del “ceto” dei Principi e Duchi romani, rappresentanti
l’antico baronaggio romano;
2°) ai Capi
delle suddette Famiglie spetta il titolo di Principe e Duca appoggiato sul
cognome: le Famiglie stesse sono Principesche e Ducali Romane;
3°) il ceto dei
Principi e Duchi Romani è ristretto alle sole famiglie che furono riconosciute
tali dalla Congregazione Araldica Capitolina nella seduta del 17 gennaio 1854
(solo quelle che avessero ricevuto questi titoli dal Romano Pontefice e che
avessero in Roma il loro principale domicilio);
4°) il trattamento antichissimo spettante a dette famiglie
viene riconosciuto col titolo di Don prefisso al nome di battesimo nel capo
della famiglia (ai figli compete il titolo di Don e Donna dei Principi e dei
Duchi ), con l’uso di speciali ornamentazioni araldiche (ma la prevista
pubblicazione ufficiale al riguardo non venne mai emanata), e col trattamento
di “Eccellenza” (poi disconosciuto –con norma giuridicamente discutibile perché
in contrasto con l’uso codificato nello Stato Pontificio- con massima del 18
novembre 1926).
I Capi delle
Famiglie principesche e ducali romane, individuate dalla Congregazione Araldica
Capitolina il 17 gennaio 1854 e iscritte fra i nobili e patrizi romani in
ottemperanza alla volontà sovrana espressa nel Chirografo del 2 maggio 1853,
sono i seguenti:
Principe
Aldobrandini, Duca Altemps, Principe Altieri, Principe Barberini, Duca
Barberini di Castelvecchio, Principe Bonaparte,
Principe Boncompagni Ludovisi, Duca Bonelli, Principe Borghese, Duca Caetani,
Duca Cesarini, Principe Chigi, Principe Colonna di Paliano,
Principe Colonna di Sciarra, Principe Corsini, Principe Doria, Duca Lante,
Principe Ludovisi Boncompagni, Principe di Montholon, Principe Odescalchi,
Principe Orsini, Duca Ottoboni, Principe Pallavicini, Principe Rospigliosi,
Principe Ruspoli, Duca Salviati,
Principe Santacroce, Principe Strozzi, Duca Caffarelli,
Duca Grazioli, Principe Conti, Duca Torlonia,
Principe Torlonia, Duca Braschi,
Principe Del Drago, Principe Gabrielli, Principe Massimo,
Duca Massimo, Principe Spada.
A queste
famiglie
Fra le sopra
elencate famiglie
Aldobrandini,
Borghese, Altieri, Barberini,
Boncompagni Ludovisi, Caetani,
Chigi, Colonna di Paliano, Colonna di Sciarra, Corsini, Doria Pamphili, Ludovisi Boncompagni, Odescalchi, Orsini, Ottoboni, Rospigliosi.
A queste ultime
famiglie spetta nello stemma l’ornamentazione della “Basilica”, cioè il
Gonfalone della Camera Apostolica accollato alle chiavi pontificie.
In
conformità alle consuetudini vigenti negli Stati della Chiesa, sono comprese a
pieno titolo, negli elenchi sopra riportati, sia le Famiglie originarie
che le Famiglie “surrogate”, con surrogazione “piena” o “mista” (es. Doria Pamphili, essendo papale
Per quanto
concerne la corona, Fabrizio Barbolani di Montauto, nel suo “Manuale di Araldica”, scrive che i
Principi romani usano sormontare il tocco rosso con due archi contornati da
perle sostenenti un piccolo globo cimato da una crocetta il tutto d’oro, con il
cerchio d’oro gemmato, mentre Carlo Mistruzzi di Frisinga, nel suo “Trattato di diritto nobiliare italiano”,
asserisce che i Principi romani adottarono “il cerchio con il risvolto di
ermellino come quello dei Principi del S.R.I., dato che il Papa è depositario
della dignità del S.R.I.”.
Si ricorda
infine che, per antica tradizione, sono assimilati ai Principi romani, nel
rango e nel trattamento, i Marchesi romani detti “di Baldacchino”, che il Conte
Carlo Cardelli, al pari di altri autori, indica nei
Patrizi, Theodoli, Afan de
Rivera Costaguti, Serlupi,
Sacchetti e Soderini (“La tribune de la noblesse romaine au Vatican”, inedito in Archivio Cardelli, Roma).
Per altre
notizie sull’argomento si rinvia all’interessante articolo del M. R. Mons.
Karel Kasteel Segretario di una Congregazione
Vaticana, in Almanach de Gotha 2001, vol.2°, p.
759-763.
Generalmente –afferma l’illustre Autore- i
Principi creati dalle due principali fonti d’onore non sono dello stesso rango:
i Principi Romani ovunque avevano la precedenza sui Principi del S.R.I.. Perciò la nomina principesca imperiale, concessa ad
alcuni Principi Romani, non aumentava la loro dignità e in alcuni casi il titolo
non è stato usato.
Le famiglie ducali e quelle dei marchesi
di baldacchino (fra queste Mons. Kasteel cita i
marchesi Serlupi Crescenzi)
erano considerate quasi appartenenti alla stessa categoria e tutti i componenti
godevano del trattamento di Don e Donna.
I Capi delle Famiglie Papali e le loro
legittime consorti godono del trattamento di “Eccellenza”, dato anche ai Capi
delle Famiglie Principesche Romane. Indipendentemente dai loro titoli, i Capi
delle Famiglie Papali sono stati tradizionalmente considerati –prosegue Mons. Kasteel- come “pari” dalle Famiglie Sovrane, essendo questa
cortesia dovuta al fatto che il Sovrano Pontefice è riconosciuto come “Pater Principum et Regum”
dai Monarchi Cristiani e come rappresentante della prima e più antica monarchia
cristiana.
Serlupi | d'Ongran | Crescenzi
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